Il mio Mal d’Africa

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Non conoscevo il Senegal fino a quando non ho avuto l’occasione, per non dire la fortuna, di partire.

Nessuno me ne aveva mai parlato e non avevo mai letto nessun libro.

Parto del tutto inconsapevole di che cosa avrei trovato. So però che è un Pese fuori dalle classiche rotte commerciali e turistiche e già questo mi affascina e rassicura.

Parto e non faccio nemmeno le vaccinazioni consigliate ..l’unico male da cui voglio essere ”contagiata” è solo e semplicemente il “Mal d’Africa”.

A differenza di tutti i mali, questo ha solo effetti positivi perché ti fa rivivere con intensa nostalgia i silenzi, le distanze, il primordiale e ti fa capire quanto sia “comoda” la vita qui in Italia, quanto “noi Occidentali” approfittiamo del superfluo e del poco genuino.

Ogni volta che si riaccende in me il Mal d’Africa ripenso al Senegal, penso ai tramonti rosso fuoco che incendiano la Savana e gli “abitanti” che la popolano (giraffe, leoni, rinoceronti, i Ratiti, ecc.)

Penso al respiro che mi manca sotto quella cappa di caldo torrido.

Penso allo stupore dei bambini nel vedere la nostra pelle bianca; quei bambini che, nei villaggi in cui ho portato degli aiuti umanitari, rincorrevano la nostra jeep perché non volevano lasciarci andare mai più. Penso ai loro bianchissimi sorrisi e a quando hanno voluto spalmarmi la crema abbronzante sulla faccia!

Penso a quando un amico di Dakar ci ha portato a casa sua per condividere insieme alla sua famiglia un pranzo preparato appositamente per noi. Penso così alla mia prima volta in cui ho mangiato cibo con le mani, in cerchio con sole donne sedute a terra, che mi hanno accolto con umiltà e gioia.

Penso alle tartarughe giganti che ho accarezzato. Ai Baobab immensi che non riesci ad abbracciare ma che senti inondarti della loro energia. Il Baobab è un po’ il simbolo di questa terra. Produce un frutto zuccheroso acidulo che viene mangiato dai bambini come se fosse una caramella ed è fortemente dissetante. Dai semi si produce la farina per fare il cous cous e dalle foglie, che vengono utilizzate in cucina come verdura, si ricavano delle salse. E’ una pianta che trattiene moltissima acqua ed è estremamente longeva, può vivere fino a 2000 anni e rappresenta così “il guardiano della vita” che vede il susseguirsi delle generazioni.

Il mio Mal d’Africa riaffiora quando ripenso alla sensazione che ho provato all’incontro del deserto sabbioso con l’oceano. Un posto sperduto, nel deserto di Lompoul, così solitario ma al tempo stesso un luogo assordante, devastante, infinito.

_mg_3971Il mio Mal d’Africa riemerge quando “rivedo” la Medina a Dakar, le terre selvagge calpestate, le terre incantate come il Lac Rose o intrise di una grande portata simbolica come la Maison des Esclaves sull’isola di Gorée, patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Il mio Mal d’Africa è il mio forte desiderio di tornare a perdermi e di cambiare ancora prospettive affrontando la nudità di questa terra e la ricchezza d’animo della sua gente.

E’ il desiderio di far battere forte il mio cuore, ancora. E’ un battito del cuore nero, pulsante d’Africa che balla insieme alla sua terra, alla sua gente, ai suoi colori, alla sua Natura e al suo “Difficile…” un battito che mi è rimasto nell’anima.

Il mio Mal d’Africa è il desiderio di calpestare questa Terra a piedi nudi, “senza scarpe”.

L’Africa ti insegna quanto tutto sia incerto e faticoso, quanto sia indispensabile vivere l’Oggi con profondo rispetto e molta consapevolezza…

 

L’Africa è a forma di cuore… è amore folle quello che provo per Lei (Cit.)

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13 risposte a "Il mio Mal d’Africa"

  1. Articolo toccante, mi sono emozionato a leggerlo. MI ha fatto ripensare alla mia esperienza in Africa: diversa, dato che era puramente una vacanza (in Namibia e Zimbabwe), ma comunque profonda e intensa… Che nostalgia di quei posti!

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  2. Le tue parole mi hanno toccata nel profondo perché in qualche modo “conosco la tua lingua”… Sarebbe troppo lunga spiegare e non ha importanza… Comprendo il tuo “sentire” perché è dentro al mio cuore… Ti abbraccio

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